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Novità sulla sperimentazione su miransertib

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Novità sulla sperimentazione su miransertib

Dove eravamo rimasti…

Come avevamo segnalato sul nostro sito e come già saprà chi ha partecipato alla Prima Giornata sulla macrodattilia, a maggio 2017 è stata avviata in 2 centri italiani (il Bambino Gesù e il Policlinico Gemelli) una sperimentazione clinica di fase I/II su un farmaco – chiamato miransertib – nel trattamento della sindrome di Proteus e delle PROS.

Ecco alcune risorse per saperne di più…. Primo articolo su Omar Secondo articolo su Omar Intervento Dr. Bartuli Articolo su sperimentazionicliniche.it Risultati preliminari (2018) (inglese) Risultati preliminari (2019) (inglese) Descrizione dello studio (in inglese sul portale clinicaltrials.gov)


Cosa c’è di nuovo?

È di ieri l’annuncio di ArQule, e cioè l’azienda statunitense che produce il farmaco miransertib, dell’avvio di uno studio registrativo nella Sindrome di Proteus e nelle PROS.

Cosa significa esattamente questa affermazione?

Che lo studio che era già in corso qui in Italia proseguirà ora con un emendamento (e cioè una modifica) coinvolgendo un numero maggiore di centri rispetto ai tre iniziali e cioè una ventina in totale a livello internazionale.

Lo scopo di questo studio internazionale è quello di valutare se miransertib possa essere una valida opzione terapeutica – sicura ed efficace – per questi pazienti, soprattutto per i casi dove le possibilità di trattamento sono davvero limitate.

Nel comunicato di ieri, questo studio viene definito  “registrativo” perché i dati raccolti, qualora positivi, potranno essere utilizzati dall’azienda per presentare alle autorità di regolamentazione dei farmaci (l’EMA in Europa) una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio, senza la quale il farmaco non può essere assunto al di fuori di una sperimentazione clinica formale o di programmi particolari di uso anticipato.

Gli enti di regolamentazione come l’EMA, il cui fine ultimo è quello di tutelare la salute delle persone, hanno il compito di valutare, sulla base delle informazioni presentate dalle aziende – che riguardano non solo la sperimentazione clinica ma anche tutto lo sviluppo non clinico del farmaco – il profilo benefici/rischi del farmaco e di esprimere il proprio parere sulla possibilità di immetterlo in commercio.

La notizia è quindi sicuramente positiva ma è pur sempre necessaria in questa fase una buona dose di cautela e di pazienza un po’ da parte di tutti i portatori di interesse, soprattutto considerando che la ricerca nelle malattie rare presenta delle peculiarità rispetto a quella nelle malattie non rare e che il cammino regolatorio è ancora lungo, visto che dopo la fase europea, tutti i farmaci devono passare anche da una fase nazionale, che in Italia è in capo ad Aifa e alle sue due commissioni consultive (la Commissione Tecnico-Scientifica e il Comitato Prezzi e Rimborso), e da una fase regionale e locale di accesso.

Il comunicato in lingua inglese:

http://investors.arqule.com/news-releases/news-release-details/arqule-announces-first-patient-dosed-registrational-mosiac-trial

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Novità dall’evento di Buxton

Posted by admin_macro on

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Come avevamo anticipato su Facebook un paio di mesi fa, dal 18 al 20 luglio si è tenuto a Buxton, nel Regno Unito, un evento di 3 giorni dedicato alla via di segnalazione cellulare che risulta malfunzionante nelle persone con PROS a causa di mutazioni somatiche a mosaico nel gene PIK3CA.

Quella che segue è una traduzione del suo resoconto.

28 luglio 2019 – Ralitsa R. Madsen

Carissimi, come molti di voi sapranno, 10 giorni fa (nota: 18-20 luglio 2019) si è
tenuto a Buxton (Regno Unito) un evento scientifico incentrato sulla cosiddetta
“via cellulare PI3K/PTEN”. Tra i ricercatori e gli addetti ai lavori questo
termine viene impiegato per descrivere un circuito molecolare presente in tutte
le nostre cellule. Il gene PIK3CA, che voi tutti conoscete, svolge la funzione
di dire alla cellula come produrre la proteina PI3K (un enzima), che è una
componente di questo circuito ed è cruciale per la crescita e la sopravvivenza
degli esseri umani. In una persona con PROS, in alcune (ma non tutte!) le
cellule, il gene PIK3CA è alterato e questo fa sì che venga prodotta una forma
più attiva della proteina PI3K e che pertanto ci sia una crescita eccessiva. Le
cellule dove il gene PIK3CA è alterato si comportano un po’ come una macchina
dove l’acceleratore è quasi costantemente pigiato.   

Nelle nostre cellule si trova un’altra molecola, chiamata PTEN, che è il “freno”
della via PI3K. Nelle persone che hanno una versione alterata del gene PTEN,
questo freno non funziona e questo fa sì che si sviluppino delle problematiche
che hanno alcune analogie con le PROS. Tuttavia, le patologie associate al PTEN
– note con il termine ombrello di PHTS (PTEN Hamartoma Tumor Syndrome) – si
differenziano dalle PROS sotto molti aspetti. Ad esempio, sono accompagnate da
un elevato rischio di sviluppare il cancro che non è presente nelle PROS. Inoltre,
possono essere trasmesse dai genitori ai figli.

In molti tumori dell’adulto sono state rinvenute mutazioni nei geni PIK3CA e
PTEN. Ecco perché, soprattutto in campo oncologico, vi è grande interesse nello
sviluppo di farmaci mirati verso il prodotto di questi due geni. Questi sforzi
stanno incominciando a portare benefici anche alle persone che soffrono di PHTS
e di PROS. Alcuni di voi potrebbero aver partecipato alla sperimentazione clinica
sul farmaco sirolimus condotta dal Professor Semple e dai suoi colleghi in
Francia e negli Stati Uniti. I risultati di questa sperimentazione sono stati
pubblicati (Parker et al. 2018 Genetics in Medicine) e il Dr. Pierre
Vabres li ha presentati al meeting di luglio. La conclusione di questa
sperimentazione è stata che il sirolimus, somministrato a basse dosi, ha
ottenuto modesti miglioramenti dell’iperaccrescimento in alcuni pazienti, ma
non in altri.

et al.

Il sirolimus non è tuttavia necessariamente la migliore opzione per le
PROS, in quanto non “spegne” nello specifico l’enzima PI3K. La speranza è che
un approccio più mirato possa ottenere risultati migliori. Proprio questa
considerazione ha fatto sì che venisse avviata un’altra sperimentazione formale
(lo studio TOTEM) in Francia, questa volta su un farmaco chiamato  taselisib (o GDC-0032), che agisce proprio
spegnendo l’enzima PI3K. Purtroppo, il Dr. Vabres ha riferito che è stato
necessario interrompere lo studio a causa di gravi effetti negativi del farmaco
in alcuni partecipanti.

Recentemente, in un ospedale francese, ad alcuni pazienti con PROS sono
state somministrate basse dosi di un altro farmaco, chiamato alpelisib (o
BYL719), ottenendo notevoli miglioramenti in molti di essi (Venot et al.
2019 Nature). Sebbene questo risultato sia incoraggiante, il Dr. Vabres ha
sottolineato l’importanza di interpretarli con cautela in questa fase. Alpelisib
è stato infatti somministrato come cura compassionevole,  e deve quindi ancora essere valutato in una
sperimentazione clinica formale, per garantire che sia effettivamente sicuro da
assumere. Questo è di fondamentale importanza per le PROS, dato che il farmaco
necessita di essere assunto per tutta la vita. Il Dr. Vabres ha infatti parlato
della sua esperienza personale con alpelisib presso il suo centro, mettendo in
guardia sul fatto che la riduzione dell’accrescimento è stata solo modesta in alcuni
pazienti, il che suggerisce la necessità di condurre altre ricerche e test
prima di poter considerare questa molecola uno standard di cura per le PROS. A
tale scopo, è imminente l’avvio di uno studio formale su alpelisib nei pazienti
PROS, che sarà promosso dalla casa produttrice del farmaco (Novartis) e coinvolgerà
molti ospedali in diversi Paesi, compreso il Regno Unito.

et al.

Perché è così difficile trovare una soluzione terapeutica ottimale per i
pazienti con PROS? Come probabilmente saprete, l’alterazione del gene PIK3CA è
frutto del caso, e si verifica in un momento imprecisato durante le prime fasi
di sviluppo (più probabilmente durante i primi 3 mesi successivi al
concepimento). Pertanto, l’evoluzione della malattia dipende dal momento esatto
e dal tipo di cellula/tessuto in cui questa prima alterazione è insorta.  Alcune persone con PROS potrebbero avere solo
un dito della mano ingrossato, altre potrebbero avere degli ingrossamenti a
livello cerebrale o malformazioni dei vasi sanguigni, il che pone ai clinici
una sfida considerevole. Ogni paziente è diverso, ma questo è particolarmente
vero nelle PROS. Ecco perché il trattamento deve essere definito su misura per
ciascun paziente, in base allo specifico tipo di iperaccrescimento.  È su questo che stiamo lavorando con grande
impegno, e occorrerà ancora del tempo prima che gli scienziati e i medici
dispongano di informazioni a sufficienza per stabilire con ragionevole certezza
quale sia il trattamento ottimale.

Ma al di là delle discussioni sullo sviluppo di farmaci e di carattere
squisitamente accademico, la vera novità del meeting di Buxton è stata che per
la prima volta un evento della Biochemical Society ha dato spazio a presentazioni
di pazienti.  James Vincent, un paziente
con PROS, ha raccontato in maniera davvero commovente qual è stata la sua
esperienza di vita con la PROS, facendo davvero percepire agli scienziati
presenti l’urgenza di continuare a far progressi in questo campo. È stato fonte
di grande ispirazione!! Kristin Anthony, una paziente con PHTS e la fondatrice
della PTEN Foundation negli Stati Uniti, ha invece parlato delle attività della
Fondazione a supporto di nuove iniziative scientifiche volte a migliorare la
vita dei pazienti affetti da PHTS.

Il messaggio da portare a casa è che ci sono tutte le ragioni per essere
ottimisti e per avere speranza. Serve tuttavia anche una dose di pazienza e di prudenza.
 Dall’evento di Buxton sono emersi molti
progetti di ricerca di assoluta eccellenza scientifica, che senza dubbio prima
o poi daranno buoni frutti. Fino ad allora, è importante che resti vivo e
stretto il dialogo tra pazienti, scienziati e clinici, in quanto ciascuno di
noi impara qualcosa dalla relazione reciproca. È inoltre una grande fonte di ispirazione
e un onore per gli scienziati poter incontrare le persone che desiderano
aiutare attraverso le loro ricerche.